In un tempo sospeso, nella penombra di un vecchio palcoscenico, Henrik Vogler, grande regista e direttore di teatro, è seduto su una poltrona, immobile. Appare quasi imbalsamato. Ha 109 anni o forse solo sessantadue. La scena è ingombra di attrezzature sceniche, quinte, attrezzeria, rimasti dopo una prova pomeridiana de
Il sogno di Strindberg. Ora però il regista è rimasto solo. L’edificio è completamente deserto. Il sipario è alzato sino a metà. D’improvviso appare sulla scena Anna Egerman, giovane attrice interprete della Figlia di Indra nella pièce diretta da Vogler. Da questo momento inizia un confronto serrato tra i due che, sospesi in una zona di confine, si permettono finalmente di dire la verità. È quasi un raggio di luce in una stanza buia da anni, un momento di realtà in un’esistenza di finzione. L’ingresso improvviso di Rakel, introduce altri temi bergmaniani di straordinaria pregnanza: la percezione del tempo, la paura della vecchiaia, la straordinaria fragilità dell’animo femminile. Quella di Rakel è una figura che si muove sul filo del rasoio, un’artista distrutta dal suo stesso talento, una scorticata viva. In
Dopo la prova Bergman non crea nemmeno più “personaggi”, ma linguaggi, funzioni emotive, “contenitori” di fragilità, ansie e paure, donne e uomini reali che non riescono più a convivere con le menzogne, con i compromessi della vita borghese, vecchi-bambini che rischiano la vita, perdono l’equilibrio e cadono a terra in preda ad un ossessivo bisogno di verità, di un senso possibile, di un segno, un gesto che dia un significato alle loro piccole vite. Il teatro alla fine, resterà per sempre quella povera isola sospesa sul filo dell’orizzonte, luogo più reale del reale, ultimo rifugio non toccato dalla complessità della vita quotidiana, dall’arroganza della politica, dalla protervia degli intellettuali della corte, dalla compravendita delle cariche pubbliche, governato unicamente dal sogno e dall’illusione, un piccolo teatro in chiusura, sospeso nel nulla, sull’abisso.