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EDIZIONE 2015TEATROI DUELLANTI
Alessio Boni

I DUELLANTI



di Joseph Conrad 
traduzione e adattamento Francesco Niccolini 
drammaturgia di Alessio Boni, Roberto Aldorasi, Marcello Prayer, Francesco Niccolini

con 
Alessio Boni
Marcello Prayer
e con
Francesco Meoni

violoncello Federica Vecchio

maestro d’armi Renzo Musumeci Greco
musiche Luca D’Alberto
scene Massimo Troncanetti
costumi Francesco Esposito
luci Giuseppe Filipponio

regia Alessio Boni, Roberto Aldorasi

produzione Goldenart

il testo dello spettacolo è nato da un laboratorio tenutosi presso il Teatro della Pergola di Firenze

regolazione luci E.T.C. Italia www.etcconnect.com


Un romanzo esemplare, scritto da uno dei più grandi autori europei di primo Novecento: Józef Teodor Konrad Korzeniowski, meglio noto come Joseph Conrad, un polacco che, in inglese, racconta una sorprendente storia francese. Di più: napoleonica. L’affresco di un mondo, quello della cavalleria e degli eserciti ottocenteschi, che da lì a breve sarebbe stato spazzato via dalle nuovi armi e dalle nuove logiche militari del Novecento: l’introduzione di armi da fuoco a ripetizione e il super potere degli industriali nella gestione dei profitti di guerra avrebbero buttato all’aria antiche regole, l’etica militare e reso smisurati gli eccidi sui campi di battaglia.
L’idea geniale su cui Conrad costruisce The Duel è che i due avversari non si fronteggiano sugli opposti versanti del campo di battaglia: sono ufficiali dello stesso esercito, la Grande Armée di Napoleone Bonaparte. Ussari, per l’esattezza.
Per motivi a tutti ignoti – e in realtà banalissimi, al punto da rasentare il ridicolo – inanellano sfide a duello che li accompagnano lungo le rispettive carriere, senza che nessuno sappia il perché di questo odio così profondo. E, proprio per il mistero che riescono a conservare, i due diventano famosissimi in tutto l’esercito napoleonico: non tanto e non solo per i meriti sui campi di battaglia di tutta Europa, quanto per la loro eroica fedeltà alla loro sfida reciproca, che li accompagnerà per vent’anni, fino al duello decisivo.
Un’opera su di un mondo in rapida estinzione, e al tempo stesso un capolavoro dell’assurdo, su come i fili della vita e del destino sfuggano di mano e sopravanzino ogni buon senso e prevedibilità.
Gabriel Florian Feraud, guascone iroso e scontento, e Armand D’Hubert, posato e affascinante uomo del nord, non sono semplicemente due giovani promettenti, e sconcertanti ufficiali del più grande esercito dell’Ottocento, ma a modo loro incarnano incubi e ossessioni che – da Melville a Faulkner, da Kafka fino ad Albert Camus – accompagnano la cultura occidentale fino allo sfacelo della seconda guerra mondiale.

Questo è un lavoro sull’avversario e sul diventare adulti.
Per me nei Duellanti esiste una questione semplice per quanto contorta: l’avversario più feroce lo hai dentro di te e non riesci a liberartene per il semplice fatto che sei tu che non vuoi liberartene. È il richiamo della foresta, la voglia di libertà, il piacere del rischio e della conquista. E non sta altrove, sta dentro e si nutre di te e tu di lui. Amo quelle storie in cui io posso leggere una trama, e contemporaneamente un’altra completamente diversa, e le due convivono perfettamente. Questo è uno di quei casi: Feraud esiste ed è un avversario reale, in carne e ossa, spietato, feroce, pure stupido per certi versi ma molto determinato. Non mollerà mai. Eppure, al tempo stesso, Feraud è la metà oscura di D’Hubert: è quella parte di te che riemerge ogni volta che abbassi la guardia, ogni qualvolta che – guardandoti intorno – scopri un desiderio vietato che non ti vuoi negare, come ad esempio un duello in piena regola, anche se le regole dei duelli sono stata abolite da Napoleone, che i duelli odiava. Eraldo Affinati, nel commentare Il compagno segreto, un racconto di Conrad degli stessi anni di The Duel, scrive: «Il compagno segreto spiega come si fa a diventare adulti: bisogna scegliere, ma ciò significa rinunciare a qualcosa di se stessi, non soltanto ai rami secchi, il che non costerebbe nulla; anche a quelli fioriti, persino ai più belli. E questo è molto meno facile. Si tratta di una vera e propria amputazione spirituale: chi non l’accetta, non cresce». Mi sembra una fotografia perfetta anche per i nostri Duellanti e fa di questa storia un Fight Club ante litteram: uno scontro violento e inevitabile, desiderato, dove – in realtà – il tuo vero avversario non esiste. Anzi, molto peggio: sei tu. Come se, nel momento di iniziare il duello, quando sei spalla a spalla, e fai i tuoi passi per allontanarti, nel voltarti verso il tuo Feraud, vedessi te stesso. E di quel duello ne hai più bisogno dell’aria che respiri. Senza, sei morto. 
Francesco Niccolini

SINOSSI
Quanto è lungo un duello? 
La nostra versione teatrale de I Duellanti mostra quanto sia impossibile dare una risposta univoca alla domanda. Perché un duello può durare poco più del tempo necessario a estrarre le sciabole e procurare all’avversario una ferita troppo profonda per continuare. Oppure, all’opposto, può durare vent’anni. O ancora, giusto il tempo perché – fuori da un bosco – i due padrini di uno dei duellanti, mentre attendono gli sviluppi di quello che sta accadendo tra gli alberi – possano provare a ricostruire la misteriosa vicenda che lega due ufficiali dell’esercito napoleonico, Armand D’Hubert e Gabriel Florian Feraud. Sono proprio loro due che, nel bosco, e lungo vent’anni, non smettono mai di duellare. E sono sempre loro due che a cavallo o su un prato, si infilzano con sciabole e fioretti. Hanno iniziato quando erano tenenti, dopo un banale battibecco, e non hanno più smesso. D’Hubert, ben visto dai suoi superiori, elegante uomo del nord, e Feraud, il guascone che odia i damerini ruffiani e cicisbei, come il suo avversario: il primo sempre più disincantato dalle imprese e dalle disfatte napoleoniche, il secondo fedele oltre ogni ragionevole dubbio all’imperatore, nella buona e nella cattiva sorte. Di duello in duello, D’Hubert e Feraud partecipano alla conquista dell’Europa e all’ascesa di Napoleone, poi vivono sulla loro pelle la disfatta di Russia, senza mai smettere di trovare occasioni per duelli che, di volta in volta, si fanno sempre più epici per tutta l’Armata, soprattutto perché nessuno conosce i motivi profondi della contesa: una donna? Napoleone? Un’offesa inconfessabile? Qualcosa che viene ancora da più lontano nel tempo e nelle loro vite? Quale segreto così feroce e vergognoso li lega? Impossibile dare una risposta, dato che i due protagonisti non ne parlano con nessuno. Le poche cose chiare di questa vicenda sono che Feraud non intende in nessun modo fare sconti a D’Hubert, che D’Hubert non vuole sottrarsi a Feraud, e che – probabilmente – uno non può fare a meno dell’altro. I due militari (che intanto hanno fatto carriera e sono arrivati a essere capitani, poi colonnelli e infine generali) sono così abituati a combattere e a rischiare la vita, che quei duelli diventano volenti o nolenti parte fondamentale delle loro vite, una ossessione che i due vivono in modi opposti: con astio furente Feraud contro il damerino e traditore, con rassegnata incapacità a sottrarsi D’Hubert. Tutto questo fino al giorno che la caduta e l’esilio di Napoleone fa precipitare le cose: D’Hubert si trova tra i fedeli della restaurata monarchia e viene salvato, mentre Feraud precipita con Napoleone e rischia l’esecuzione capitale. Solo l’intervento (segreto) del suo nemico D’Hubert lo salva: e mentre il "damerino" si prepara al matrimonio con una giovane e bellissima nipote di un aristocratico del sud della Francia, Feraud viene costretto a una sorta di domicilio coatto e a una pensione anticipata e forzata, sotto minaccia di arresto in caso di cattivo comportamento. 
Tutto questo non impedisce a Feraud di organizzare un nuovo duello, definitivo, alla pistola. Sottraendosi agli ordini della Monarchia, e insieme a due surreali e invecchiati padrini, il guascone raggiunge D’Hubert in Provenza e si prepara allo scontro finale: alla pistola e in un bosco, praticamente alla cieca. D’Hubert – in attesa del duello – passa la notte più difficile della sua vita: lui che è abituato a combattere sul campo di battaglia e a vedere la morte in faccia, per la prima volta, dubita non solo di Napoleone, ma anche di quella vita, e se è veramente arrivato il momento di smettere di vivere spada in pugno e pensare alla sua nuova famiglia. Forse per la prima volta ha paura.Ma tutto scompare quando i due si trovano davanti e, pistole alla mano, penetrano dentro il bosco, lasciando i due padrini di Feraud (D’Hubert ha deciso di non averne) ad attendere gli sviluppi. Questo è il tempo del racconto e del duello: venti anni, oppure poco più di un’ora. Fino alla sorprendente scoperta finale.


ALESSIO BONI
Nasce a Sarnico, secondo di tre figli, da papà Ignazio e mamma Roberta; una famiglia proletaria. Per i primi anni segue contro voglia il lavoro paterno e consegue il diploma di ragioneria tramite un corso serale. Successivamente, si rifugia per 15 mesi in Polizia, per poi accorgersi di non esservi portato e scappare con l’amico Roberto negli Stati Uniti, a San Diego, in quel Nuovo Mondo per lui sinonimo di mille opportunità. Ma si sbaglia, e così ritorna a Villongo. A 19 anni, dopo un mese di totale sconforto, riesce a farsi assumere dalla Semi Granturismo come animatore turistico e lì comincia ad appassionarsi agli spettacoli che si tengono ogni sera. Un giorno, Lamberto, il capo animatore, gli suggerisce di provare ad entrare in una scuola di recitazione: prova così ad entrare al Centro Sperimentale di Cinematografia, è il 1988. All’ultimo esame si trova di fronte Giulietta Masina, Luigi Comencini e Mauro Bolognini, arriva undicesimo ma i posti sono 10 e non viene accettato. Si trova allora per caso ad andare a Teatro, al Sistina (non ci era mai stato fino ad allora), e vede La Gatta Cenerentola di Roberto De Simone. Ne esce letteralmente folgorato e si iscrive ad una Scuola privata, gestita da Alessandro Fersen, e dopo un anno di studi si prepara meticolosamente col regista cipriota Andreas Rallis per tentare di entrare all’Accademia Nazionale D’Arte Drammatica Silvio D’Amico. Se non fosse entrato, sarebbe andato a Milano per studiare Psicologia. Lo accettano, e da qui inizia la fortuna degli incontri. Studia per tre anni il metodo mimico con Orazio Costa Giovangigli, poi incontra registi come Roman Viktjuk, Luca Ronconi, Peter Stein, Giorgio Strehler, Liliana Cavani, Carlo Lizzani, Micha Van Hoecke, Giampiero Solari, Marco Tullio Giordana, Roberto Andò, Michele Soavi, Cristina Comencini, Robert Dornhelm e tanti altri...che lo hanno aiutato enormemente ad essere ciò che è ora.

MARCELLO PRAYER
A teatro lavora interpretando testi classici come Iliade, Romeo e Giulietta e Bella e la Bestia, Riccardo III, La tragedia di Amleto, principe di Danimarca di W. Shakespeare; Evgenij Onegin di Prokof’ev (da Puskin), poema drammatico per soli, attore e orchestra op.71, per la drammaturgia e regia di Luciano Alberti; Il Platone della Casilina su testi di Platone e Pasolini, di cui è anche regista assieme a Gianni Cascone. Partecipa anche al progetto "Dante – Divina Commedia. Per un teatro di poesia" con la regia di Federico Tiezzi al Teatro Metastasio di Prato. Dal 1991 al 2003 è insegnante del Metodo Mimico, applicato alla poesia in forma di coro, presso il Centro d’Avviamento all’Espressione/Gruppo MIM di Firenze diretto da Orazio Costa Giovangigli, spesso collaborando con l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico di Roma. Nella stagione 2011/2012 fa parte del progetto teatrale, in coproduzione tra il Teatro Stabile di Torino e il Teatro Stabile di Roma, The coast of utopia di Tom Stoppard, per la regia di Marco Tullio Giordana. Nella stagione successiva prende parte al progetto teatrale La guerra di Kurukshetra (dal Mahabharata, antico poema epico indiano), per la regia di Giorgio Barberio Corsetti e a In Flagrante Delicto-Gesualdo da Venosa, principe dei musici, regia di Roberto Aldorasi. Da tempo si dedica, con Alessio Boni, alla poesia italiana, elaborando drammaturgie poetiche concertate a due voci. Nelle numerose produzioni cinematografiche e televisive, ha lavorato, tra gli altri, con Marco Tullio Giordana ne La meglio gioventù (2003), Quando sei nato non puoi più nasconderti e Romanzo di una strage, con Andrea Porporati ne Il Dolce e l’Amaro, L’uomo che rubò la Gioconda per la regia di Fabrizio Costa, in El artista di Gastón Duprat e Mariano Cohn, Galantuomini regia di Edoardo Winspeare, Il nostro messia regia di Claudio Serughetti, Shooting Silvio regia di Berardo Carboni, Jesus von Assisi regia di Friedrich Kluetsch, Mai abituarsi alle cose regia di Giuseppe Eusepi, L’ultimo crodino regia Umberto Spinazzola, Feisbum film in 8 episodi da un’idea di Marco Scaffardi e Serafino Murri, L’estate di Martino regia di Massimo Natale, La città ideale regia di Luigi Lo Cascio.

FRANCESCO MEONI
Debutta nel ‘90 con Turi Ferro nel Malato Immaginario di Molière, spettacolo di successo portato in tournée nei maggiori teatri d’Italia. In teatro si cimenta in classici quali Otello, per la regia di Lavia con Orsini e Branciaroli, in Chichignola di Petrolini, con Scaccia, Re pescatore con Brogi, per la regia di Zanussi, e interpreta nei Menecmi di Plauto al teatro greco di Segesta il doppio ruolo dei fratelli gemelli. È in tournée con la ditta Dapporto-Monti in Plaza Suite di N. Simon, e, sempre con Mariamelia Monti, recita in Margherita e il Gallo. Alterna il teatro "ufficiale" alle cantine, dove partecipa al Calapranzi di Pinter, Notturno di donna con ospiti di Ruccello, I Blues di Williams per la regia di P. Sepe e, sempre nell’ambito del teatro-off, manifesta il suo interesse per il teatro d’impegno civile con uno spettacolo sui desaparecidos, Tango. Per la giornata della memoria, interpreta per il Teatro di Roma, La morte di Ivan Il’ic di Tolstoj a cura di P. Castagna. Per la regia di P. Bontempo è in scena con due testi di nuova drammaturgia: Top Dogs di U. Widmer e La prima volta di M. Walczak. Seguono Le Confessioni, per la regia di W. Manfrè al Teatro Valle Occupato, e Canto Clandestino per la drammaturgia e la regia di P. Schiavo. Nel 2014 debutta come autore e regista con Once I was: oltre la storia di Tim e Jeff Buckley, di cui è anche interprete. Ancora una volta si mostra sensibile alle tematiche sociali, come l’usura, nello spettacolo Niente per Niente, scritto da F. Randazzo, per la regia di G. Cataldo. Ricca è inoltre la sua partecipazione in fiction televisive di successo, in sit com e tv-movie. Nel cinema, fra gli altri, ha preso parte in RDF - Rumori di fondo, ne La vita per un’altra volta, per la regia di Astuti e in Hotel Meina per la regia di Carlo Lizzani. Da anni lavora come doppiatore e collabora come attore radiofonico negli sceneggiati di Radio Rai.

FEDERICA VECCHIO
Si avvicina al mondo della musica all’età di nove anni studiando il pianoforte, ma l’attitudine per la musica d’insieme e d’orchestra la conducono allo studio del violoncello. Comincia gli studi al Conservatorio di S. Cecilia con il Maestro F. Strano per diplomarsi a Perugia sotto la guida del Maestro M. Damiani. Studia con il Maestro ungherese Ferenz Szcus e, con il suo attuale quartetto d’archi, segue un anno di Master in musica da camera con il Maestro B. Giuranna. Collabora con l’orchestra Simphonica Nova Ars diretta dal Maestro Marco Frisina, con la quale si presenta in importanti manifestazioni dello Stato Pontificio; partecipa come violoncello solista in un musical sulla canzone popolare napoletana al Teatro delle Muse a Roma, e con il suo gruppo di musica rock e folk si esibisce in prestigiosi contesti. Si esibisce a Dubai con il quartetto Evento Musica, partecipa alla presentazione ufficiale dell’orchestra del Papa a Berlino, come solista suona in un recital organizzato dal centro Centro Culturale Scuola di Danza Astor Piazzola a Roma, collabora regolarmente con l’orchestra Ensemble Strumentale di Roma diretta dal Maestro Daniele Marcelli e prende parte alla presentazione della nuova Orchestra Italiana del Cinema. Collabora attualmente con il duo comico musicale Dosto & Yevski, partecipando allo spettacolo teatrale Moviecomix, Allegro con Trio, e Sinfollia; prende parte inoltre alle rappresentazioni teatrali, per la regia di V. Zingaro, dell’Orlando Furioso e di Per versi italiani come componente di un trio classico. È parte stabile di un quartetto femminile da camera, e uno di soli violoncelli. Recentemente si è esibita con un ottetto di soli violoncelli per l’Accademia Filarmonica Romana, all’ambasciata del Brasile con le Bachianas di Villa-Lobos. Da anni accompagna la sua carriera classica con collaborazioni in ambito pop e rock, per incisioni, concerti e manifestazioni musicali. Alla sua carriera come concertista affianca l’attività di insegnante.

ROBERTO ALDORASI
Ha lavorato agli spettacoli Ur-Hamlet e Medeas Bryllup, regia di Eugenio Barba, con il suo gruppo danese Questi Fantasmi & Sons e con The Jasonites ha realizzato progetti site-specific e spettacoli in Danimarca, Italia, Germania, Regno Unito, Siria, Libano, Marocco e Brasile. Con il Laboratorio di Altamira, fondato insieme a Pierangelo Pompa, ha realizzato gli spettacoli Don Giovanni, scherzo per servo e padrone e Il Giardino. Per Giorgio Barberio Corsetti ha curato le coreografie del Don Carlos di Verdi, diretto da Valerij Gergiev al Teatro Mariinsky di San Pietroburgo, per Macbeth al Teatro alla Scala di Milano per La Sonnambula, al Teatro Petruzzelli di Bari. È stato assistente di Corsetti ne La guerra di Kurukshetra di Francesco Niccolini e in Pierpaolo!, poi di Giuseppe Miale Di Mauro nella scrittura scenica di Educazione Siberiana, adattamento teatrale del libro di Nicolai Lilin di Napoli Est Teatro e del Teatro Stabile di Torino. Per Fattore K di Barberio Corsetti ha curato la regia di In Flagrante Delicto - Gesualdo da Venosa, principe dei musici.

FRANCESCO NICCOLINI
Da molti anni lavora, studia e scrive con Marco Paolini e insieme a lui ha realizzato Il Milione, Appunti Foresti, Parlamento chimico. Storie di plastica, la versione televisiva del Vajont e i racconti del Teatro civico di "Report" per RAI3, insieme ad Andrea Purgatori. Nel 2011 hanno debuttato con ITIS Galileo dedicato a Galileo Galilei, recentissimo vincitore del premio Merck 2013 per scienza e letteratura. Ha scritto testi e spettacoli per Sandro Lombardi, Arnoldo Foà, Anna Bonaiuto, Antonio Catalano, Roberto Citran, Giuseppe Cederna, Banda Osiris, Alessandro Benvenuti e Sebastiano Lo Monaco. Molti dei suoi spettacoli sono stati rappresentati in tutti i paesi d’Europa, in Africa, Stati Uniti e in Asia. Per Fabrizio Saccomanno ha già scritto Iancu e Doctor Frankenstein e per Roberto Aldorasi Più leggero di un suspir, Macbott e In Flagrante Delicto-Gesualdo da Venosa, principe dei musici. Insieme hanno lavorato a La Guerra di Kurukshetra con la regia di Giorgio Barberio Corsetti. Nel 2013 ha vinto il premio Eolo 2013 come migliore novità con lo spettacolo La grande foresta. Lo aveva vinto anche nel 2009 con Paladini di Francia, vincitore anche del Premio della Critica 2009. Ha vinto il Premio Enriquez con Vita d’Adriano e con Canto per Falluja. Tra le sue pubblicazioni: Memoria (2012, Titivillus), Mattei (2012, Becco Giallo), La grande foresta (2012, Titivillus), La guerra grande dell’Arno (2011, Scienza Express), Il Milione (2009, Einaudi) e Teatro civico (2004, Einaudi).

LUCA D’ALBERTO
Musicista, arrangiatore, violectra 6 corde, violista e violinista laureato con il massimo dei voti, la lode e la menzione ministeriale, è un Violectra Official Player al fianco di importanti artisti internazionali come Jean Luc Ponty e Nigel Kennedy. Numerosi gli attestati di stima sulla sua musica da parte di artisti e agenzie internazionali del calibro di Zentropa (Lars Von Trier), Tanztheater "Pina Bausch", Wim Wenders, Donata Wenders, Fernando Arrabal, Saskia Boddeke/Peter Greenaway, Manuel Huerga. Tra il 2009 e il 2011, con il suo progetto Ex.Wave, pubblica i due album "Apri gli occhi" (Do it Yourself/EMI publishing)  e "PLAGIARISM"  (Sony/Bollettino). Collabora e arrangia brani di artisti internazionali come: Astrid Young/Neil Young, Mike Garson (David Bowie), Victor DeLorenzo (Violent Femmes), The Electronic Conspiracy, Deep Purple, etc. Ha collaborato in qualità di performer e compositore con il prestigioso Tanztheater "Pina Bausch" nel Festival "Pina40" e in Italia con Giorgio Albertazzi, Costanza Quatriglio; con Michele Placido svolge una intensa attività professionale sia in campo teatrale che cinematografico. Sta effettuando una prestigiosa installazione artistica/musicale presso il Museo Ebraico di Berlino con Saskia Boddeke e Peter Greenaway. Ora sta lavorando ai suoi due prossimi progetti. "ESTASI" vede come ospiti Ditta Miranda e Damiano Ottavio Bigi, ballerini del Tanztheater "Pina Bausch". Per il secondo progetto, c’è un’importante collaborazione con il  grande fotografo/videoartista Peter Lindbergh.

MASSIMO TRONCANETTI
Dopo gli studi presso l’Università La Sapienza di Roma, è assistente dell’artista Alfredo Pirri. Nel 2006 fonda con Claudia Sorace e Riccardo Fazi, la compagnia Muta Imago e realizza, tra gli altri, la trilogia (a+b)3, Lev e Madeleine, presentata ai festival Romaeuropa Festival, Premières di Strasburgo, Bipod Festival di Beirut, ClipAduma di Tel Aviv... Nel 2009 riceve il premio UBU e il premio DE.MO./ Movin’UP. Per Giorgio Barberio Corsetti cura le scene de Il Castello, 19 Mantras (produzione Piccolo Teatro di Milano), Un chapeau de paille d’Italie (Comédie Française), I Was Looking at Ceiling and Then I Saw The Sky (Théatre du Chatelet).

FRANCESCO ESPOSITO
Si diploma nel 2008 in scenografia all’Accademia di Belle Arti di Napoli. Prende parte dal 2003 all’edizioni del progetto Museum di Renato Carpentieri nell’organizzazione e nella realizzazione di istallazioni. Dal 2009 collabora con il Teatro Bellini di Napoli negli spettacoli di Gabriele Russo. Partecipa al Napoli Teatro Festival Italia: nel 2008 con Z.A.C. zone di attacco creativo di Gabriella Stazio (2008); nel 2010 realizza le scene per Bizarra di Rafael Spregelburd (Premio Ubu 2010 come miglior opera straniera) regia di Manuela Cherubini. Assiste lo scenografo Nicola Rubertelli per il Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, nell’opera lirica Natura viva di Ruggero Cappuccio. Realizza scene, costumi e collabora alla realizzazione dei video in animazione per la versione indipendente dell’opera Bizarra prodotta da Fattore K, PsicopompoTeatro e Angelo Mai. Realizza scene e costumi per la prima messinscena italiana de La modestia di Rafael Spregelburd, regia di Manuela Cherubini (2011). Realizza i costumi per l’adattamento teatrale de Il castello di Giorgio Barberio Corsetti prodotto da Fattore K (2011). Realizza scene e costumi per La stupidità di Rafael Spregelburd, regia di Manuela Cherubini presentato a short theatre di Roma (2011) e al kilowatt festival di Sansepolcro (2012). Firma i costumi per lo spettacolo di teatro danza Nineteen Mantras, una collaborazione tra il regista teatrale Giorgio Barberio Corsetti, il musicista Riccardo Nova e la coreografa Shantala Shivalingappa (2012). Nel 2012 per la regia di Gabriele Russo realizza scene e costumi per la commedia Gretel e Gretchen di Claudio Buono, e le scene per Odissé - in assenza del padre con debutto al Napoli Teatro Festival Italia ed apertura della stagione 2012/13 del teatro Bellini di Napoli. Al Festival Città Spettacolo di Benevento realizza le scene per Mortal Kabaret di Roberto Russo e regia di Fabrizio Bancale (2012). Nel 2013 continua a collaborare con il regista Giorgio Barberio Corsetti firmando i costumi per I was looking at the ceiling and then I saw the sky di John Adams al Theatre du Chatelet di Parigi, e per l’adattamento teatrale de La guerra di Kurukshetra di Francesco Niccolini. Per la regia di Fortunato Cerlino realizza scene e costumi per Haetaly di Ester Tatangelo e Fortunato Cerlino. Nel 2014 firma scene e costumi e per La famille Schroffenstein di H.Von Kleist al Systéme Friche Théatre di Marsiglia con la regia di Giorgio Barberio Corsetti. Ancora nel 2014 con il regista Corsetti realizza i costumi per Gospodin una produzione Fattore K.

RENZO MUSUMECI GRECO
Docente di scherma scenica al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, la più antica scuola di cinema del mondo e direttore dell’Accademia d’Armi Musumeci Greco. Ha allestito gli innumerevoli duelli per Caravaggio con Alessio Boni e quelli per Io, Don Giovanni con la regia di Carlos Saura, uscito sul grande schermo nel 2009. Ha preparato alcuni tra i più grandi duelli della lirica. All’Opera di Roma il Macbeth con la regia di Peter Stein e il Rienzi di Wagner. Al Teatro Real di Madrid Il Trovatore prodotto dal Covent Garden di Londra; al Regio di Parma Il Trovatore, Macbeth con la regia di Liliana Cavani, Il Corsaro e Simon Boccanegra; Al Regio di Torino il Don Giovanni diretto da Michele Placido e il Faust, al Teatro alla Scala Otello, Il Trovatore, La forza del destino, Lucrezia Borgia e Lohengrin. Ancora all’Opera di Roma Lucia di Lammermoor, Il Combattimento di Tancredi e Clorinda, Faust, Carmen e Giulietta e Romeo sia con Carla Fracci che con Amodeo Amodio. Con la direzione di quest’ultimo ancora due edizioni della tragedia con Roberto Bolle, sia a Verona che al San Carlo di Napoli. Ha collaborato con i più importanti registi della lirica quali Hugo de Anae, Graham Vickk, al fianco di Placido Domingo, Josè Cura, Marcelo Alvarez. Quattro volte all’Arena di Verona per il Il Trovatore di Franco Zeffirelli. Per la prosa I Due Gemelli Veneziani al Piccolo di Milano con Luca Ronconi, Francesco il Musical di Vincenzo Cerami, Amleto con Kim Rossi Stuart e Alessandro Preziosi e Otello con Michele Placido. Ha lavorato con Luchino Visconti, Mario Monicelli, Benno Besson, Giuseppe Patroni Griffi, Vittorio Gassman, Max Von Sydow, Geppy Gleijeses e molti altri.

GIUSEPPE FILIPPONIO
Nato nel 1973 a Castiglion Fiorentino, dopo il liceo, si laurea in Giurisprudenza presso l’Università di Bologna. Nel 2000 comincia la sua attività come tecnico luci al seguito della compagnia teatrale "Accademia della follia" in Sant’Arcangelo di Romagna, partecipando in particolare alla lavorazione del film Mattbet. Partecipa a svariate produzioni teatrali lavorando con attori e registi come Michele Placido, Marco Bellocchio, Sergio Rubini, Elisabetta Pozzi, Alessandro Gassmann, Giorgio Albertazzi, Luca Barbareschi, Carlo Giuffré, Raffaele Paganini, Daniele Salvo e molti altri in qualità di datore luci e di light designer. Attualmente lavora in produzioni teatrali spaziando dal teatro sperimentale a produzioni mainstream.
TEATRO
Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti
09 LUGLIO 19:30
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11 LUGLIO 20:00
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12 LUGLIO 12:00
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12 LUGLIO 17:30
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BIGLIETTI
platea I settore € 35,00
platea II settore € 30,00
palchi platea e I ordine centrali € 28,00
palchi platea e I ordine laterali € 25,00
palchi II e III ordine centrali € 25,00
palchi II e III ordine laterali € 20,00
loggione € 15,00

durata:
1 ora e 40 minuti
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